mercoledì 4 dicembre 2013

Il disagio si presenta come un’esperienza vissuta dall’alunno nell’affrontare le diverse attività e le regole che sono proprie; Tale situazione caratterizza, pertanto, una condizione-limite tra un alunno in difficoltà nell’adattarsi alla scuola e una scuola in difficoltà circa gli interventi e le strategie più opportune da adottare .

È la scuola a essere ritenuta la responsabile di questa situazione poiché presenta un’offerta educativa alla quale non sempre e/o non costantemente l’alunno è in condizione di rispondere in modo costruttivo e convincente; questo comporta il rifiuto di tale offerta e delle modalità per mezzo delle quali viene proposta. La scuola diviene, così, luogo di esperienze negative.
Nel corso degli ultimi anni è aumentato considerevolmente il numero di alunni che presentano varie tipologie di difficoltà le quali NON sono riconducibili alle principali classificazioni dell’ICF, ma che avanzano agli insegnanti richieste di interventi “curvati” sulle loro caratteristiche peculiari che derivano dalla loro situazione peculiare. Una situazione di “difficoltà” la quale, non rientrando nei parametri delle classificazioni dell’OMS (l’ICF è una delle più importanti) non possono essere “certificati” ed avere, di conseguenza, una diagnosi funzionale che consenta loro di seguire un “percorso scolastico” ad hoc.
Se, invece, gli insegnanti individuano le cause “profonde” del disagio sono in grado di affrontare la situazione in modo adeguato e di rassicurare e confortare l’alunno nel difficile processo di apprendimento. Gli alunni che presentano queste e altre difficoltà, ma che non sono “certificati” vengono identificati con l’acronimo BES (Bisogni Educativi Speciali) con il quale si indica «una qualsiasi difficoltà evolutiva in ambito educativo ed apprenditivo ,espressa in funzionamento (nei vari ambiti della salute secondo il modello ICF dell’Organizzazione mondiale della sanità) problematico anche per il soggetto, in termini di danno, ostacolo o stigma sociale, indipendentemente dall’eziologia e che necessita di educazione speciale individualizzata».

Definire e ricercare i Bisogni Educativi Speciali non significa “fabbricare” alunni diversi per poi emarginarli o discriminarli in qualche modo. Significa rendersi conto delle varie difficoltà, grandi e piccole, per sapervi rispondere in modo adeguato (Janes 2005).

Fondandosi sul profilo di funzionamento e sull’analisi del contesto, il modello ICF consente di individuare i Bisogni Educativi Speciali (BES) dell’alunno prescindendo da preclusive tipizzazioni. In questo senso, ogni alunno può presentare Bisogni Educativi Speciali: o per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici, sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta». Viene sottolineata l’importanza della classificazione ICF, ma anche la necessità di non “circoscrivere” l’alunno con disagio/difficoltà/disturbo in una  ”cornice ristretta” perché si limiterebbe il suo processo di inclusione nel contesto-classe (Vedi http://www.icruggierovanvitelli.it/www.icruggierovanvitelli.it/bes_files/ianes.pdf).
L’assenza di certificazione non consente all’alunno di accedere alle provvidenze ed ai servizi previsti dalle legge 104; nonostante la mancata presenza dell’insegnate di sostegno, gli insegnanti curricolari sono emotivamente e professionalmente impegnati nella elaborazione di strategie di intervento “curvate” sulle caratteristiche peculiari di  ”quel” determinato alunno affinché riduca (o elimini) la negatività della sua situazione. Si tratta di un “percorso” delicato e difficile che alunno, genitori ed insegnanti devono seguire insieme in un confronto “a rete” e scevro da pregiudizi.
Gli insegnanti, soprattutto, devono osservare attentamente (esistono al riguardo molte schede di osservazione) e sistematicamente l’alunno, già dalla scuola dell’infanzia, poiché una individuazione tempestiva di un deficit consente agli insegnanti e ai genitori di predisporre gli interventi più opportuni. Questa considerazione si attaglia soprattutto ai soggetti con DSA in quanto le difficoltà e/o i disturbi dell’apprendimento vengono ritenuti meno gravi di un altro deficit e, di conseguenza, i genitori, soprattutto, sottovalutano, in alcuni casi, la gravità del problema.

PROTOCOLLO D'OSSERVAZIONE PER L'INDIVIDUAZIONE DEI BAMBINI/RAGAZZI CON BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI
Sezioni o Classi iniziali
Quando dalle prove d’ingresso e dalle prime osservazioni uno o più docenti osservano situazioni riconducibili a bisogni educativi speciali, al primo Consiglio di Classe, di Sezione o di Intersezione discutono la questione e, nel caso in cui il Consiglio decida di approfondire la questione, il coordinatore informa il dirigente scolastico ed il referente del Gruppo BES.
I docenti osservano l’alunno o gli alunni tramite schede predisposte per un breve periodo e lo/li sottopongono ad un primo intervento di recupero disciplinare, con la cura di documentare tutto il percorso. (tramite schede di rilevazione, osservazione).
Nel consiglio successivo (o in uno convocato straordinariamente dal dirigente, su richiesta del coordinatore) si valuta la situazione ed eventualmente si trascrive a verbale, motivandola, la decisione di progettare per l’alunno /gli alunni in questione un Piano Didattico Personalizzato.
Nei successivi consigli la situazione viene monitorata per valutare eventuali correttivi o miglioramenti.
Poiché il bisogno educativo speciale può essere anche temporaneo, il consiglio potrà valutare anche l’interruzione, qualora se ne ravvisi la necessità, di interrompere gli interventi personalizzati.
Il Gruppo di lavoro fornirà le schede di osservazione e, a richiesta, collaborerà con i docenti per la preparazione di materiale strutturato per il recupero.

Classi successive o nuovi alunni

I docenti segnaleranno, in caso di necessità, la situazione al coordinatore che darà avvio alla procedura, con le modalità di cui sopra.



- Scheda di osservazione alunni con BES
 
  • R. Mion, Nuove forme di emarginazione. Figure professionali emergenti e strumenti formativi, AA.VV., Disagio giovanile e nuove prospettive del lavoro sociale, Grafic House ed., Venezia, 1995, pag. 52
  • (2) D. Janes, Bisogni educativi speciali e inclusione, Erickson, Trento 2005 pag. 29

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