• BLOG DIDATTICO DI SOSTEGNO

    Si dice di solito "nero sul bianco" per marchiare negativamente qualcuno, io invece provo a cancellare questa macchia nera cercando di trasmettere non solo risorse ma anche valori umani. Se siete perplessi non preuccupatevi è un buon segno, in quanto la perplessità è l'inizio della conoscenza...

sabato 19 marzo 2016

Ecco a voi alcune "dritte" o faq rivolte ai genitori di bambini o ragazzi con "Bisogni Educativi Speciali", sono utili anche agli insegnanti per comprendere che molte delle richieste fanno parte dell'iter e dei diritti dell'utenza:




Cosa devono fare i genitori se la scuola propone una valutazione psicologica a causa di cattivi risultati scolastici del figlio?
Innanzitutto non devono spaventarsi: le difficoltà scolastiche possono avere molteplici cause e nella maggior parte dei casi sono problemi risolvibili se trattatati con attenzione e competenza. E’ poi opportuno chiedere agli insegnanti un resoconto dettagliato delle difficoltà da loro rilevate (magari per confrontarle con quelle che i genitori stessi hanno già riscontrato a casa), il motivo secondo il quale è ritenuta necessaria una valutazione e se sono stati messi in atto delle strategie atte a risolverle, come la stesura di un Piano Didattico Personalizzato (PDP). Oltre che eventualmente accettare il consiglio di rivolgersi ai specialisti privati o ai servizi pubblici, sarebbe, infine, utile chiedere anche al minore stesso che idea si è fatto delle sue difficoltà: a volte i diretti interessati sono sorprendentemente consapevoli di che cosa non vada.
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Come viene fatta la valutazione delle difficoltà del minore?
La valutazione comprende, normalmente, una serie di colloqui, che possono variare da tre a cinque. In alcune strutture private i tempi possono essere ancora più brevi. In genere il primo colloquio avviene in presenza dei genitori, durante il quale si raccolgono più informazioni possibili sul minore (vita scolastica, sviluppo, personalità, relazioni…); in seguito il minore sarà solo alla presenza dello specialista. Prima verranno valutati gli apprendimenti attraverso dei test standardizzati; poi, sulla base dei risultati, verranno fatti, se necessario, degli approfondimenti per individuare con più precisione le azioni utili per un trattamento. L’ultimo colloquio sarà nuovamente con il genitore, durante il quale saranno esposti i risultati della valutazione ed eventuali proposte di trattamento e/o certificazione.
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Cosa deve rilasciare l'ente o lo specialista alla fine della valutazione?
Se al minore fosse riscontrato un DSA, alla famiglia deve essere rilasciata una diagnosi con un codice indicante lo specifico disturbo dello studente  e quelli che sono i suggerimenti che la scuola deve seguire per stilare il PDP. E’ inoltre buona prassi che venga rilasciata anche la diagnosi funzionale (obbliagatoria per legge in caso di verbale secondo la legge 104/92), necessaria per una migliore pianificazione della futura didattica. Se ci si è rivolti alle ASL, è possibile che questa venga spedita a casa o consegnata dopo alcuni giorni all’ultimo colloquio con la famiglia. Dal privato viene consegnata in tempi, di solito, più brevi. Qualora non fosse riscontrato un disturbo specifico, lo specialista può rilasciare comunque una relazione che può essere seguita dalla scuola, ma con nessun obbligo di legge. La scuola, se lo ritiene opportuno, può stilare lo stesso un piano didattico personalizzato per aiutare il minore, ma, per poterlo attuare, deve essere controfirmato dal genitore. Se nulla viene fatto, i genitori hanno il diritto di invitare gli insegnanti ad una didattica più sensibile e conforme all'attuale normativa.
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Cosa deve fare la famiglia una volta ricevuta la relazione con il riconoscimento dei BES?
Una volta ricevuta la relazione dallo specialista, la famiglia deve portarla a scuola, assieme al documento di consegna e liberatoria (un esempio da modificare). In seguito è opportuno accertarsi che tale documentazione venga letta dagli insegnanti di riferimento della classe dello studente. Per essere sicuri che ciò avvenga è opportuno contattare telefonicamente (attraverso la segreteria didattica) l'insegnante coordinatore di classe, e qualora presente, il referente per il sostegno scolastico o per i DSA (che di solito è un punto di riferimento anche per i BES).
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E se le difficoltà permangono nonostante il PDP?
Innanzitutto bisogna discuterne con gli insegnanti (meglio se tutti assieme). I motivi potrebbero essere anche semplicemente legati a delle strategie di azione che si pensavano utili e che invece non lo sono state. A volte, invece, capita che le linee guida del PDP non vengono messe in atto. Se questo fosse il caso è necessario avvertire l'insegnate coordinatore o, se necessario, la presidenza per sollecitare un cambiamento. Potrebbe essere utile contattare lo specialista di riferimento per aiutare gli insegnanti, qualora si trovassero in difficoltà nel capire come raggiungere gli obiettivi del PDP.
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A chi ci si deve rivolgere per avere una valutazione riconosciuta dalla scuola?
Di solito le scuole inviano i genitori ai servizi per l’età evolutiva delle ASL del territorio. Questi sono gli enti che hanno la facoltà di emanare diagnosi ufficiali. La valutazione sarà garantita dal Servizio Sanitario Nazionale e quindi soggetta solo al pagamento del ticket. L’unica difficoltà sono i tempi di accesso a queste strutture, di solito molto lunghi; inoltre non è possibile scegliere lo specialista che farà la valutazione (sarebbe infatti importante accertarsi che questo sia aggiornato relativamente ai DSA, in quanto è solo negli ultimi anni che la ricerca si è sviluppata in merito). Le scuole dovrebbero informare, però, che è possibile rivolgersi anche ad enti o specialisti privati. Questi possono rilasciare una diagnosi che può essere già valida a livello ufficiale, oppure riconosciuta per intero o in parte dalle ASL di competenza. Se il privato è accreditato (perché dimostra di lavorare a livello multidisciplinare e di avere una formazione certificata nell’ambito d’interesse ed è inserito in una lista di specialisti riconosciti), la diagnosi ha già valore cogente e quindi può essere portata direttamente a scuola. Lo specialista può anche solamente svolgere una parte della diagnosi che potrà essere completata e convalidata dalle ASL. Ciò permette di accorciare notevolmente i tempi e da la libertà alla famiglia di scegliere lo specialista che ritiene più competente ed adatto ai bisogni del figlio. Purtroppo i costi sono un po’ più alti, ma anche qui le tariffe sono molto variabili, quindi non è una soluzione da scartare a priori, anzi. Il privato poi, può seguire il minore per il trattamento, cosa che le ASL non possono sempre fare (anche se importantissimo) ed avere una maggiore disponibilità nelle relazioni con la scuola.
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Cosa può fare lo specialista per aiutare il minore oltre che alla valutazione?
La valutazione sta alla base di qualsiasi intervento d’aiuto. Un’accurata analisi delle problematiche è necessaria per aver chiaro che progetto attivare. Lo psicologo specializzato, oltre alla valutazione, infatti, ha un ruolo importantissimo, che è quello di proporre al minore un programma di potenziamento di quelle abilità che dalla valutazione fossero risultate carenti. Lo psicologo, inoltre, suggerisce al bambino o ragazzo quali possano essere per lui le migliori strategie nello studio e lo segue nel tempo, monitorando la situazione in modo tale che continui a migliorare. Potrebbe essere necessario anche un affiancamento alla famiglia e agli insegnanti, per spiegare loro cosa fare e cosa no. Purtroppo questi compiti sono lasciati, dal nostro sistema sanitario, totalmente di competenza dei privati.
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La famiglia ha l’obbligo di portare il proprio figlio in valutazione o di consegnare la diagnosi alla scuola?
La famiglia può scegliere di portare o meno il figlio al servizio e può anche scegliere in assoluta libertà di non consegnare l’esito della valutazione alla scuola. Tuttavia è vivamente consigliato seguire il consiglio degli insegnanti, se è chiaro che questo sia ben motivato. La valutazione, inoltre, è in genere ben accolta dal minore, che spesso è curioso di capire che cosa non sta funzionando.
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Perché è un bene fare la valutazione e comunicare l’esito alla scuola?
Perché questo, se da una parte obbliga, da normativa, gli insegnanti ad attivare tutte le risorse disponibili, dall'altra da loro una maggiore libertà nell'aiutare lo studente e di farlo nel modo migliore.
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Come conviene relazionarsi con il proprio figlio relativamente al disturbo e alla vita scolstica?
IniziaImente è fondamentale essere sinceri e trasparenti. Bisogna dire al proprio figlio che cosa sta succedendo, le cause delle sue difficoltà e con calma spiegargli come tutti lo sosterranno e lo aiuteranno nei suoi sforzi. E’ meglio evitare espressioni compassionevoli o al contrario sminuire il problema. E’ assolutamente sconsigliato far finta che non sia successo nulla o peggio colpevolizzarlo, perché non è mai in nessun caso colpa sua.
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Lo specialista ha l’obbligo di recarsi a scuola per conferire con gli insegnanti?
Nel caso dei DSA  o altri tipi di BES no, anche se sarebbe molto utile. Nel caso di certificazione tramite legge 104, invece, il neuropsichiatra dell'ASL che ha in carico lo studente, è obbliagato agli incontri stabiliti dal Gruppo Operativo per l'Handicap (GLHO) della scuola frequentante.
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Ogni quanto si deve fare la valutazione? E il PDP?
La valutazione, in genere, è bene farla all’inizio di ogni ciclo scolastico o ogni qualvolta lo si ritenga necessario. Il PDP va stilato ogni anno entro i due mesi dall’inizio dell’anno scolastico e in ogni caso il prima possibile dalla ricezione della diagnosi.
L’insegnante di sostegno è un docente contitolare della classe e partecipa totalmente sia in fase di programmazione, sia in fase di gestione della classe alle diverse attività di apprendimento e di insegnamento, con particolare attenzione ai modi ed ai tempi dell’inclusione, costituendo una risorsa didattico / educativa - preziosa - tra altre.
In tal senso può certamente collaborare ad azioni di personalizzazione e/o individualizzazione rivolte anche ad alunni con BES, senza nulla togliere, però, a tutti gli interventi richiesti per l’alunno (gli alunni) con disabilità inseriti in classe. Di certo non può essere demandata a questa figura la responsabilità di “seguire” gli alunni con BES, creando di fatto una classe/gruppo differenziato.
Si fa ovviamente riferimento anche al "buon senso".

venerdì 18 marzo 2016

Ecco a voi una utile guida a cura della Casa EditriceRRC sull'applicazione della normativa relativa ai BES e DSA, in particolar modo troverete materiali per la progettazione del Piano Didattico Personalizzato e relativi suggerimenti sulla predisposizione di comunicazioni verso la famiglia e fax-simili da apporre agli atti della scuola.



Clicca qui -> Scarica il quaderno Operativo!

mercoledì 16 marzo 2016

Nelle scuole pubbliche da diverso tempo vige l'insegnate di sostegno, un valido supporto per l'allievo che presenta difficoltà d'apprendimento e per la classe stessa. Nonostante l'indiscussa utilità di tale servizio, in determinati casi i genitori del ragazzo o del bambino disabile possono decidere di rinunciare al sostegno.
Per quel che concerne la normativa va detto che l'insegnate di sostegno è un dirittto per gli alunni e non un dovere, quindi qualora insorgano delle motivazioni valide di incompatibilità o negatività del servizio connesso alle esigenze dell'allievo, la famiglia o chi ne fa le veci, potrà rinunciare all'insegnante di sostegno.
Gli alunni cui viene destinato il sostegno avranno assegnate una certa quantità di ore settimanali, in base alle esigenze di classe, della zona e delle difficoltà oggettive dell'allievo, sebbene il sostegno nasca come supporto per la classe, nel tempo è divenuto erroneamente, un supporto mirato diretto solo ed esclusivamente all'allievo con handicap o ritardo cognitivo o d'apprendimento. Per questo motivo , in taluni casi, ove sia necessaria un integrazione più proficua dell'allievo all'interno della classe ed una maggior responsabilizzazione degli insegnanti di ruolo nei confronti dell'allievo, potrà essere utile e proficuo rinunciare al sostegno, come previsto dalla legge.
Nei casi di incompatibilità tra allievo ed insegnante, si comunicherà una rinuncia facendo ricorso al TAR, ma mantenendo il diritto al sostegno, in questo caso verrà nominato un nuovo insegnante. Anche nel caso in cui le ore di sostegno sia insufficienti si dovrà ricorrere ad un ricorso tramite TAR.
Nel caso di rinuncia, il Dirigente Scolastico, previa autorizzazione dell'Ufficio Scolastico Regionale, avvalendosi della graduatoria d'istituto, provvederà, a breve, a nominare un nuovo insegnante.

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Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 45/01 ha stabilito che, qualora un docente di sostegno abbia competenze non confacenti ai bisogni formativi dell’alunno assegnatogli, deve essere sollevato dall’incarico.
La sentenza in questione riguarda il caso di un docente di scuola secondaria di II grado nominato dall’Ambito Territoriale Provinciale competente (ex Provveditorato agli studi) presso un liceo classico lombardo. Dalla sentenza, sebbene relativa ad uno specifico caso di scuola secondaria di secondo grado, si ricava, considerati anche i richiami normativi dei giudici, un principio di carattere generale:
Il sostegno da offrire all’alunno, pur avendo come finalità l'inserimento globale nell'istituzione scolastica, deve rispondere alle particolari necessità dell'allievo e, qualora ciò non avvenga, non può essere sottoposto alla stretta osservanza della normativa secondaria cioè al sistema delle nomine secondo ordine di graduatoria, rendendolo quindi un vuoto ottemperamento alla norma.

Ricostruiamo brevemente i fatti.

I genitori di un’alunna disabile impugnano la nomina conferita dall’ATP ad un insegnante di Educazione Fisica specializzato per le attività di sostegno, in quanto lo stesso non riesce a far esternare alla figlia, frequentante la prima classe di un liceo classico, le sue conoscenze di latino e greco, soprattutto, tramite produzione scritta; conoscenze per le quali sono richieste competenze specifiche che il docente in questione, considerato il percorso formativo, non può certamente possedere.
Dopo l’annullamento della nomina, decretata dal TAR Lombardia, il MIUR  si appella sostenendo che l’obbligo dell’Amministrazione, secondo la normativa vigente, non si estenderebbe alla scelta di un assistente la cui preparazione coincida con quella specialistica dell’alunna e con la materia di insegnamento impartita, essendo richiesto soltanto che l’insegnante di sostegno soddisfi i requisiti formali di cui al DPR n.970/1975 e che sia individuato sulla base dell’ordine dell’apposita graduatoria.
Il CdS, come suddetto, respinge l’istanza in quanto la stretta osservanza del sistema delle nomine secondo ordine di graduatoria, nel caso specifico, non permette di raggiungere lo scopo della norma primaria: la piena integrazione che passa proprio dal soddisfacimento dei bisogni dell’allieva.
I Giudici argomentano la loro decisione rifacendosi alla normativa scolastica: la legge n. 521/77 e le circolari MIUR n. 1/1988 e n. 226/1988

Cosa prevedono tali normative?

La legge n. 517/77 – articolo 2 – stabilisce che:
Devono inoltre essere assicurati la necessaria integrazione specialistica, il servizio socio-psicopedagogico e forme particolari di sostegno secondo le rispettive competenze dello Stato e degli enti locali preposti, nei limiti delle relative disponibilità di bilancio e sulla base del programma predisposto dal consiglio scolastico distrettuale.

Si deve, dunque, garantire un’integrazione specialistica e forme particolari di sostegno,come ribadito dai giudici.

La circolare MIUR del 4/1/1988 n.1 prevede un raccordo tra le scuole dell’infanzia, primaria e media, affinché il passaggio da un segmento d’istruzione all’altro venga facilitato tramite lo scambio d’informazioni tra la scuola che ha seguito l’allievo e quella che lo seguirà, in modo da favorirne l’integrazione e il successo formativo.
Il richiamo di tale circolare, che non riguarda nello specifico la scuola secondaria di II grado, è stato effettuato dai giudici probabilmente per affermare il principio generale che la scuola d’arrivo, collaborando con quella precedentemente frequentata dall’alunno, deve fare il possibile per favorire il processo di inserimento, inclusione e soddisfacimento dei bisogni del disabile.

La circolare MIUR del 22/9/1988 n.226, invece, riguarda specificatamente la situazione dell’alunna in questione, in quanto affronta la tematica del passaggio degli allievi disabili dalla scuola secondaria di primo grado a quella di secondo grado.

La circolare, emanata in attuazione della sentenza della Corte Costituzionale n.  215/87, prevede che i dirigenti delle scuole medie, nel trasmettere le pre-iscrizioni ai competenti istituti di istruzione secondaria superiore, debbono comunicare la presenza di alunni disabili, indicando la peculiarità dei bisogni di ciascuno in relazione alla tipologia dell’handicap, quindi l’individuazione dell’area di prevalente interesse per l’alunno tra quelle umanistica, scientifica e tecnologica.
È chiaro, pertanto, che se l’allieva necessita un supporto in ambito umanistico, principalmente nelle discipline di latino e greco, non le può essere assegnato, solo per rispettare l’ordine di graduatoria, un docente che non ha competenze al riguardo.
In quest’ultimo caso,  infatti, si verrebbe a svuotare la ratio della norma primaria: la  legge  30 marzo 1971, n.118, come emendata dalla Corte Costituzionale con sentenza n.215 del 3-8 giugno 1987, recepita con la sopra citata circolare MIUR n. 226/88, che prescrive un obbligo per lo Stato di assicurare, attraverso misure di integrazione e di sostegno, la frequenza anche degli istituti superiori.

Per  le ragioni sopra esposte, il CdS ha respinto l’istanza del MIUR confermando l’annullamento della nomina al docente in questione.

La Sentenza, come affermato all’inizio, stabilisce un principio di carattere generale:  sebbene si debbano rispettare le norme che disciplinano l’attribuzione degli incarichi, secondo un ordine di graduatoria, ciò non può far venire meno il dovere dello Stato di assicurare le forme di sostegno rispondenti alla natura dell’handicap e dei bisogni formativi dell’alunno.
Tale principio, considerati i riferimenti normativi richiamati, sembra essere estensibile a tutti gli ordini e gradi di scuola.

E’ doveroso evidenziare che il caso in oggetto riguarda un docente incaricato dall’ATP, quindi supplente; nel caso di docenti di ruolo, invece, le scuole potrebbero prendere delle precauzioni a monte, per evitare che si verifichino casi come quello appena descritto.

E’  ipotizzabile che in fase di costituzione degli organici si faccia attenzione alla natura dell’handicap e ai bisogni formativi degli allievi iscritti a scuola, in modo da richiedere docenti che abbiano competenze tali da soddisfare i bisogni degli allievi. La richiesta dell’organico di sostegno, per le scuole secondarie di secondo grado, avverrà in base alle aree almeno sino all’anno scolastico 2016/17, questo perché la legge n. 128/2013 ha previsto l’unificazione delle aree di sostegno, per le GaE e la prima fascia delle graduatorie di istituto, dall’aggiornamento del 2017 (ricordiamo che il decreto Milleproroghe 2016 ha rinviato l’aggiornamento delle GaE all’anno scolastico 2018/19), mentre per le graduatorie d’Istituto di II fascia a partire già dall’aggiornamento del 2014).

La stessa attenzione si deve prestare in fase di  assegnazione dei docenti di sostegno alle classi e agli alunni (ricordiamo al riguardo che, per le scuole secondarie di II grado,  la mobilità dei docenti di sostegno avviene già senza distinzione di aree, come previsto dalla CM n. 34 dell’1 aprile 2014), in modo da attribuire a ciascun disabile il docente che meglio può facilitare il suo percorso di integrazione e apprendimento.


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