Il miracolo della scuola cablata per far studiare il piccolo Marco di 8 anni affetto dal atrofia muscolare spinale. Una webcam lo trasporta in classe.
Marco, 8 anni, MILANO — Marco va a scuola in astronave. Le sue mani, i suoi occhi, le sue parole volano nello spazio lo portano fino a scuola. Nella sua aula, la terza elementare, fino al suo banco, l'ultimo in fondo così che tutti i compagni si possano voltare e guardarlo in viso dalla webcam ridere, sorridere, pensare. Marco ha 8 anni e la Sma. L'atrofia muscolare spinale, la malattia che a poco a poco gli ha bloccato i muscoli, che lo ha costretto a vivere senza muoversi, a vedere il mondo attraverso il flusso di bit che corre nella fibra ottica.
Fino allo scorso settembre l'atrofia muscolare gli aveva lasciato al massimo tre giorni di scuola all'anno. Il primo e gli ultimi due, giusto per guardare in faccia i compagni dell'Istituto comprensivo Italo Calvino di via Frigia, a Milano. Troppo poco per conoscerli e farseli amici. Oggi Marco ha battuto la malattia inguaribile. Grazie al computer, alla webcam e alla fibra ottica Marco riprende ogni mattina il suo posto in classe in mezzo ai compagni che adesso sono i suoi amici. Forza della tenacia dei genitori che hanno tentato, studiato, scoperto soluzioni che gli permettessero di ricominciare ad essere Marco, quello dell'ultimo banco dove ora in un grande schermo ci sono i suoi occhi vispi e marroni. La sua «astronave», la libreria piena di fili e lucine, con schermo e tastiera, è un regalo di tanti. Della mamma Laura, del preside del Calvino, Aldo Acquati, dei tecnici che gli hanno cablato la casa e la scuola con la fibra ottica, della maestra di sostegno che lo segue a domicilio, degli insegnati che non hanno mai smesso di credere che fosse possibile. «E lo è. Oggi dopo tre anni di tentativi Marco ha ripreso a seguire le lezioni — racconta la madre —. Mezza giornata di scuola a distanza, poi le terapie per aiutarlo a respirare». Nonostante la malattia lo costringa su una sedia a rotelle, nonostante i muscoli siano fasci di fibre senza forza, Marco muove le dita sulla «cloche», sul joystick che dirige le telecamere nell'aula.
Con le dita zooma sui visi dei compagni, sulla lavagna e sul professore. «Abbiamo voluto che tutto apparisse reale, che Marco avesse la possibilità di "muoversi" liberamente all'interno della classe», racconta la madre. Perché più che la didattica, qui conta la possibilità di vivere «come gli altri compagni, di sentirsi uno di loro». «La nostra non è un'esperienza di pietà. Non vuole esserlo. Nostro figlio non ha bisogno di compassione ma di vivere — spiegano i genitori —. Abbiamo scelto cure poco invasive, come l'uso di respiratori esterni evitando la tracheotomia, che altrimenti bloccherebbe la possibilità di parlare. Marco non si muove, ma è lucido e parla come un normale bambino di 8 anni». A volte l'amore, l'affetto dei genitori aiuta a vedere più in là delle speranze della medicina. Non è questo il caso: «È una malattia inguaribile, nessuno alimenta false attese». Neppure Marco che a volte lo chiede a sua mamma e ai professori: «Perché proprio a me, perché non sono come loro?». Oggi sa che la sua è una vita speciale, una su 10 mila. Colpita senza scampo da una malattia che, nelle conseguenze fisiche, è molto vicina alla terribile Sla, la sclerosi laterale amiotrofica diventata celebre perché ha mietuto vittime soprattutto tra gli ex calciatori.
«Abbiamo aperto una strada, ma non è stato facile — dicono i genitori —. Oggi grazie al professor Giuseppe Marraro del Fatebenefratelli di Milano, siamo in contatto con altre famiglie e cerchiamo di raccontare la nostra esperienza». Che poi è soprattutto tecnica, come lo scoprire a forza di tentativi la difficoltà di «trasportare» via web voci e parole come se fossero vere: «Ai primi tentativi c'erano problemi di sincronismo: prima le immagini, poi il suono. Oggi grazie alla fibra ottica è tutto reale». Ancora meglio della videoconferenza tra dirigenti aziendali vista quattro anni fa in un servizio televisivo e che aveva fatto scattare l'idea della tele-scuola. Un'idea costosa. «Il preside dell'istituto ha accettato di accollarsi le spese per la cablatura dell'aula e per l'attrezzatura scolastica — conclude la madre —. Uno sforzo non indifferente». Un'eccezione in tempi di tagli. «Oltre ogni aspettativa».
Cesare Giuzzi0 Milano 6 gennaio 2009 (Fonte www.corriere.it ).
Fino allo scorso settembre l'atrofia muscolare gli aveva lasciato al massimo tre giorni di scuola all'anno. Il primo e gli ultimi due, giusto per guardare in faccia i compagni dell'Istituto comprensivo Italo Calvino di via Frigia, a Milano. Troppo poco per conoscerli e farseli amici. Oggi Marco ha battuto la malattia inguaribile. Grazie al computer, alla webcam e alla fibra ottica Marco riprende ogni mattina il suo posto in classe in mezzo ai compagni che adesso sono i suoi amici. Forza della tenacia dei genitori che hanno tentato, studiato, scoperto soluzioni che gli permettessero di ricominciare ad essere Marco, quello dell'ultimo banco dove ora in un grande schermo ci sono i suoi occhi vispi e marroni. La sua «astronave», la libreria piena di fili e lucine, con schermo e tastiera, è un regalo di tanti. Della mamma Laura, del preside del Calvino, Aldo Acquati, dei tecnici che gli hanno cablato la casa e la scuola con la fibra ottica, della maestra di sostegno che lo segue a domicilio, degli insegnati che non hanno mai smesso di credere che fosse possibile. «E lo è. Oggi dopo tre anni di tentativi Marco ha ripreso a seguire le lezioni — racconta la madre —. Mezza giornata di scuola a distanza, poi le terapie per aiutarlo a respirare». Nonostante la malattia lo costringa su una sedia a rotelle, nonostante i muscoli siano fasci di fibre senza forza, Marco muove le dita sulla «cloche», sul joystick che dirige le telecamere nell'aula.
Con le dita zooma sui visi dei compagni, sulla lavagna e sul professore. «Abbiamo voluto che tutto apparisse reale, che Marco avesse la possibilità di "muoversi" liberamente all'interno della classe», racconta la madre. Perché più che la didattica, qui conta la possibilità di vivere «come gli altri compagni, di sentirsi uno di loro». «La nostra non è un'esperienza di pietà. Non vuole esserlo. Nostro figlio non ha bisogno di compassione ma di vivere — spiegano i genitori —. Abbiamo scelto cure poco invasive, come l'uso di respiratori esterni evitando la tracheotomia, che altrimenti bloccherebbe la possibilità di parlare. Marco non si muove, ma è lucido e parla come un normale bambino di 8 anni». A volte l'amore, l'affetto dei genitori aiuta a vedere più in là delle speranze della medicina. Non è questo il caso: «È una malattia inguaribile, nessuno alimenta false attese». Neppure Marco che a volte lo chiede a sua mamma e ai professori: «Perché proprio a me, perché non sono come loro?». Oggi sa che la sua è una vita speciale, una su 10 mila. Colpita senza scampo da una malattia che, nelle conseguenze fisiche, è molto vicina alla terribile Sla, la sclerosi laterale amiotrofica diventata celebre perché ha mietuto vittime soprattutto tra gli ex calciatori.
«Abbiamo aperto una strada, ma non è stato facile — dicono i genitori —. Oggi grazie al professor Giuseppe Marraro del Fatebenefratelli di Milano, siamo in contatto con altre famiglie e cerchiamo di raccontare la nostra esperienza». Che poi è soprattutto tecnica, come lo scoprire a forza di tentativi la difficoltà di «trasportare» via web voci e parole come se fossero vere: «Ai primi tentativi c'erano problemi di sincronismo: prima le immagini, poi il suono. Oggi grazie alla fibra ottica è tutto reale». Ancora meglio della videoconferenza tra dirigenti aziendali vista quattro anni fa in un servizio televisivo e che aveva fatto scattare l'idea della tele-scuola. Un'idea costosa. «Il preside dell'istituto ha accettato di accollarsi le spese per la cablatura dell'aula e per l'attrezzatura scolastica — conclude la madre —. Uno sforzo non indifferente». Un'eccezione in tempi di tagli. «Oltre ogni aspettativa».
Cesare Giuzzi0 Milano 6 gennaio 2009 (Fonte www.corriere.it ).
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