Non è possibile disconoscere alcuni bisogni fondamentali dei bambini, innanzitutto quello di muoversi. L’attività motoria, dunque, non andrebbe concepita tanto come educazione del corpo, bensì attraverso di esso, e a livello pedagogico appare fondamentale fornire una vasta serie di opportunità al fine di stimolare su più dimensioni l’espressione e lo sviluppo della personalità; infine la competizione, come ci ricorda Togni (2009), è decisamente collegata alle competenze.
L’obiettivo fondamentale da perseguire attraverso i frammenti dedicati al corpo e al gioco
motorio del presente contributo, consiste nel mostrare invece giochi inclusivi, cioè vedere come si
possa giocare il più possibile tutti assieme, programma che mi pare possa costituire il filo
conduttore “forte” di un progetto educativo capace di dare risposta ad esigenze quali il
coinvolgimento attivo di ciascuno, l'utilizzare i momenti di gioco in forma laboratoriale, come
educazione alle relazioni e sentimentale, più che funzionale; se in palestra o in altri spazi (magari di
fortuna, in aula o all'esterno importa relativamente), anche se dove e quando possibile non sarebbe
affatto male sfruttarli tutti...
Includere significa innanzitutto illuminare le attività motorie attraverso una luce speciale,
stimolando percorsi di ricerca-azione che indirizzino verso condizioni, regole, mediatori adeguati al
sostegno dei bambini, favorendo l’espressione anche dei meno abili nel “mettersi in gioco”, o
affinché i “diversi” siano accettati, tramite “buone prassi motorie inclusive” (leggi: “giochi adatti”).
Il fine da raggiungere è ambizioso, ma gli elementi cui fare leva non mancano: innanzitutto il
bisogno di muoversi di cui si è già detto, che a volte spaventa perché il gruppo nello spazio esterno
all’aula appare incontrollabile; ma attraverso un percorso paziente e fiducioso si può raggiungere un
ordine – sicuramente diverso, ma pur sempre definibile. L’altro elemento basilare è il gioco,
dimensione formativa per eccellenza, secondo lo storico Huizinga (1973) addiri
ttura vera e propria
“culla” della cultura stessa, fonte inestimabile di spunti che costituiscono altrettanti stimoli di
apprendimento, ma che dovrebbe diventare soprattutto pratica vissuta, più che agognata.
Le proposte della guida saranno pertanto illustrate attraverso due assi portanti di tipo didattico-operativo: uno
più classico basato sulla spiegazione di esercitazioni, l'altro che fa leva su situazioni vissute di
“buone prassi”, in modo che gli esempi illuminino e rendano più comprensibili le linee guida.
Primo esempio concreto orientato all’inclusione: se proprio si pensa di dover eliminare qualcuno
dal gioco, allora rovesciando una prassi consolidata è meglio fermare coloro che fanno bene
piuttosto di chi sbaglia, perché solo così questi ultimi possono esercitarsi di più mentre chi è già
bravo può aiutare chi si trova in difficoltà, magari dando indicazioni utili e sostegno.
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